|
|
Gianni Tansini è nato a
Codogno (LO) il 23 agosto del 1920, figlio di
Clementina De Bernardi e Rodolfo, di professione tappezziere, militante
socialista e antifascista. Gianni era l'ultimo di cinque fratelli: Lucia,
Martino, Gina, Pace.
Già militare nell'Esercito
Italiano, appartenente all'VIII Reggimento Artiglieria Guardia alla Frontiera di Venaria
Reale, venne successivamente dislocato a Ulzio ed a Bardonecchia. L'8 settembie
1943 riuscì a fuggire ed a rifugiarsi nei pressi di Codogno. Quando divenne
troppo pericoloso restare nella zona, Tansini decise di trasferirsi nel
Piacentino ove sapeva l'esistenza di formazioni partigiane. Si arruolò nella II
Brigata della Divisione «Giustizia e Libertà» militante nella zona fra
Castelvetro e Pianello Valtidone.
Venti giorni prima del suo sacrificio ricevette la visita del padre e l'episodio
merita di essere qui citato. Dopo che Rodolfo Tansini aveva visitato e lasciato
il figlio fra le montagne di Pianello, se ne stava ritornando a Codogno cercando
di servirsi di strade meno frequentate. In un'ansa del Po di rimpetto a Somaglia,
Rodolfo Tansini si servì di una barca-traghetto per attraversare il fiume assieme ad
altre cinque persone. Mentre stava effettuando la traversata, per un improvviso
colpo impetuoso di remo la barca si rovesciò lanciando in acqua le persone e le
merci a bordo fra cui alcune biciclette. Eravamo ai primi di novembre del 1944,
l'acqua era abbastanza fredda e la zona era avvolta in una fittissima nebbia. Il
Tansini, caduto in acqua, riuscì ad aggrapparsi ad una botte di vino ed a
mantenersi a galla mentre le altre persone, chi in un modo chi nell'altro
facevano altrettanto.
Dopo circa tre ore vennero avvistati da alcuni contadini che passavano
casualmente lungo l'argine e tratti finalmente a riva. Il vecchio padre,
fradicio e intirizzito dal freddo, pensò soltanto al figlio Gianni che in quei
giorni stava peggio di lui.
Nella notte del 23 novembre 1944 la zona dove si trovava il piccolo
distaccamento di partigiani della brigata «Busconi», precisamente sui monti di
Pianello Valtidone, nei pressi di Casanuova, venne circondata da forze nemiche
ed alle prime luci dell'alba iniziò il rastrellamento. Uno dei partigiani, Carlo
Ceriani di Pavia, che il giorno prima era stato ferito da un colpo di mortaio
durante un'azione di disturbo, doveva essere portato in salvo al più presto.
Gianni Tansini si offerse di compiere la missione e si caricò sulle spalle il
Ceriani. Attraversando la parte alta della montagna si diresse verso una
località lontana ma durante questa marcia di trasferimento vennero avvistati da
una pattuglia tedesca e fatti segno a colpi di arma da fuoco andati a vuoto.
Portato a destinazione il ferito, il Tansini volle ritornare verso la valle dove
i suoi compagni erano in pericolo e fu proprio mentre stava tornando da loro che
si incontrò con la pattuglia che gli intimò la resa. Resistendo con tutte le sue
forze, sparata l'ultima cartuccia, Tansini, ormai circondato ed all'estremo
delle sue possibilità, si lanciò in avanti all'arma bianca ma venne
immediatamente sopraffatto e trucidato sul luogo gridando «Viva l'Italia».
Gianni Tansini si era immolato per la Patria, per la sua fede di libertà e di
giustizia e si era sacrificato per salvare gli altri.
Trascorsero venti giorni, nel giorno di Santa Lucia la sorella Gina si
sposava e poche ore dopo la celebrazione delle nozze giungeva a Codogno la
notizia della tragica fine di Gianni Tansini lasciando nella costernazione e nel
dolore tutti quanti avevano cercato poco prima di sorridere agli sposi. La
famiglia si portò a Casanuova e sul luogo dove egli era caduto non restava che
una piccola fossa coperta con terra fresca e con una piccola croce formata con
due rudimentali pezzi di legno. Poco lontano, appoggiato ad un cespuglio un
piccolo cuscino che Gianni Tansini aveva sempre portato con sé a ricordo della
sua cara mamma.
Testo basato su fonti orali e sull'articolo apparso su "Il Codognese" N.4
Anno III del 13 aprile 1963
|