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Giustizia e Libertà fu un movimento politico fondato a Parigi nel 1929 da un
gruppo di esuli antifascisti, tra cui emerse come leader Carlo Rosselli.
Il movimento era composito per tendenze politiche e provenienza dei
componenti, ma era comune la volontà di organizzare un’opposizione attiva ed
efficace al fascismo, in contrasto con l’atteggiamento dei vecchi partiti
antifascisti uniti nella Concentrazione, giudicato debole e rinunciatario.
“Provenienti da diverse correnti politiche, archiviamo per ora le tessere dei
partiti e fondiamo un’unità di azione. Movimento rivoluzionario, non partito,
“Giustizia e libertà” è il nome e il simbolo. Repubblicani, socialisti e
democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia
sociale. Non siamo più tre espressioni differenti ma un trinomio inscindibile”:
così si apre il primo numero del periodico pubblicato dal gruppo.
L’obiettivo di Giustizia e Libertà era quindi quello di preparare le
condizioni per una rivoluzione antifascista in Italia che non si limitasse a
restaurare il vecchio ordine liberale. ma in grado di creare un modello di
democrazia avanzato e al passo con i tempi, aperto agli ideali di giustizia
sociale, che sapesse inserirsi nella realtà nazionale e in particolare
raccogliesse l’eredità del Risorgimento. Riprendendo le idee di Piero Gobetti,
di cui era stato collaboratore, Rosselli considera il fascismo una
manifestazione di antichi mali della società italiana e si propone quindi non
solo di sradicare il regime mussoliniano, ma anche di rimuovere le condizioni
politiche, sociali, economiche e culturali che lo avevano reso possibile.
Il movimento Giustizia e Libertà svolse anche un’importantissima funzione di
informazione e sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica
internazionale, svelando la realtà dell’Italia fascista che si nascondeva dietro
la propaganda di regime, in particolare grazie all’azione di Gaetano Salvemini,
che era stato l’ispiratore del gruppo e il maestro di Rosselli.
La Resistenza in Italia e il Partito d'Azione
Giustizia e Libertà fu attivissima nell'organizzare bande di partigiani dopo
l'8 settembre 1943. Numericamente, le bande di GL (dette "gielline" o "gielliste")
furono seconde dietro alle bande che si chiamavano garibaldine, riconducibili al
partito comunista. I partigiani giellini si riconoscevano per fazzoletti di
colore verde. Tra i personaggi più importanti di GL durante la Resistenza si
possono ricordare Ferruccio Parri, nominato dal Comitato di Liberazione
Nazionale (CLN) comandante militare unico della Resistenza, Ugo La Malfa, Emilio
Lussu, Riccardo Lombardi, nominato nel 1945 prefetto di Milano dal CLN dell'Alta
Italia (CLNAI). Nel gennaio 1943 fu costituito il Partito d'Azione, da
componenti di GL e da altri uomini politici di orientamenti liberal-socialisti,
repubblicani, socialisti e democratici. Durante la guerra partigiana, il Partito
d'Azione rappresentò l'organizzazione politica a cui facevano riferimento i
combattenti partigiani di GL.
Esso riuscì a presentarsi come un partito che lottava per un cambiamento
radicale della società italiana, rompendo con intransigenza ovviamente con il
fascismo ma anche con l'Italia pre-fascista, in questo contrapponendosi ai
liberali, per una società laica e secolarizzata, contrapponendosi ai
democristiani, e per una società democratica progressista ma pluralista e con
ordinamenti politici liberali, in questo contrapponendosi ai comunisti in quel
periodo ancora saldamente legati all'Unione Sovietica. Per questi motivi
distintivi riuscì a raccogliere vasti consensi tra le persone desiderose di
combattere contro il nazi-fascismo, caratterizzandosi comunque come un movimento
piuttosto elitario. Tuttavia, in questi anni si manifestò sempre più
l'eterogeneità ideologica del movimento che portò in seguito a divisioni e alla
diaspora. All'interno di GL si possono ravvisare in quegli anni due maggiori
correnti, una di sinistra, di idee molto vicine a quelle del Partito Socialista
soprattutto in economia, in cui si possono includere Emilio Lussu, Riccardo
Lombardi ed ex comunisti come Leo Valiani e Manlio Rossi Doria (usciti dal PCI
nel 1939 in seguito al patto Molotov-Ribbentrop), e una di destra, con
orientamento più moderato specialmente in economia, con Ugo La Malfa come
personaggio più rappresentativo, insieme a Mario Paggi, Alessandro Galante
Garrone e altri. Questa divisione interna si manifesterà insanabile a guerra
terminata.
Fonte:
Wikipedia,
L'enciclopedia libera
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